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Mi è venuta un' IKEA!!

Mi è venuta un’ IKEA!!


Tutto ebbe inizio nel 1943 quando un certo Ingvar Kamprad, svedese di soli 17 anni, mise in piedi un'attività destinata a rivelarsi un successo mondiale.
Nei primi anni di vita l'IKEA, acronimo delle iniziali del giovane imprenditore e di Elmtaryd e Agunnaryd – rispettivamente la fattoria e il villaggio dove Kamprad crebbe – era praticamente un bazar con un vasto assortimento di articoli: penne, portafogli, cornici, orologi, gioielli, calze di nylon… e tutto ciò che si poteva offrire ad una cifra ridotta.
Successivamente, negli anni '50, l'ormai maturo Ingvar decise di tralasciare tutti gli altri prodotti per concentrare i propri sforzi sulla vendita di mobili a costi bassi. Era nata l’IKEA che tutti conosciamo.

La filosofia dell'azienda è tanto semplice quanto innovativa. Può essere riassunta in questo chiaro concetto:

  • "Non hai i soldi per comprarti i mobili? Bene! Invece di stare a grattarti le palle sul divano vieni da noi, compra quello che ti pare e montatelo da solo."
  • Geniale no? Abbattere i costi per l'assemblaggio in fabbrica significava poter offrire prodotti ad un prezzo vantaggioso e questo, a sua volta, voleva dire successo e boom di vendite. Così è stato.
    Dopo aver aperto nuovi negozi in tutto il mondo, oggi Ingvar Kamprad è ricco, ricchissimo e può godersi i frutti della sua intuizione.

    Ma la società come ha reagito a questa esplosione del "Fai da te"? (i pipparoli sicuramente bene ndr)
    Per effettuare un'analisi sociologica più accurata mi concentrerò esclusivamente sulla situazione nel nostro paese dove, ad oggi, esistono ben 9 punti vendita sparsi un po' ovunque… tranne che nel profondo sud e nelle isole.
    In pratica Sardi, Siciliani e Calabresi – per avere l'ultima sedia di IKEA in vendita a 5 euro – devono spenderne 200 di viaggio e farsi un culo tanto… se non è convenienza questa.

    Proprio in Italia, inizialmente, tutti erano concordi: "l'IKEA fa bene al portafoglio e alla vita familiare" – si diceva a gran voce. E allora succedeva che, grazie ad un negozio svedese, si verificava il miracolo italiano: mamma, papà e figlioli si riscoprivano una famiglia unita e tutti insieme trascorrevano ore felici tra i mobili in esposizione. La mamma sceglieva il tavolino per il soggiorno e le mensole per la cucina, i bambini giocavano spensierati nello spazio a loro riservato ed il papà era contento di spendere poco.

    La vita coniugale era fatta salva da un'idea proveniente dalla fredda Scandinavia. Poi la catastrofe.

    Probabilmente per colpa del carovita, forse a causa di ritorno della moda minimalista, presumibilmente per le poche alternative sul mercato, al giorno d'oggi l'IKEA rappresenta l'incubo peggiore dell'italiano medio.
    Il flagello del nuovo millennio ha un nome e un cognome, sebbene impronunciabili: Ingvar Kamprad.

    Ci si accorge che il cataclisma è vicino quando si ode questa, apparentemente banale, domanda:

  • "Tesoro, andiamo all'IKEA?"
  • Il destino è ormai segnato.
    Andare in uno dei punti vendita svedesi equivale a preparare una spedizione militare; i milioni di altre persone che sicuramente avranno scelto il nostro stesso giorno sono visti come nemici; si devono pianificare orari, percorsi e vie di fuga alternative; si devono sincronizzare gli orologi con gli altri componenti della famiglia; si devono preparare scorte di viveri e bevande; si sa quando si entra ma non si sa quando si uscirà… e se si uscirà.

    Oggi non si va più all'IKEA… oggi si va alla conquista dell'IKEA. E che Dio ci assista.

    Una volta arrivati, dopo aver espugnato un parcheggio ed aver contato feriti e dispersi, ci si ritrova finalmente nell'olimpo del "Fai da te".
    All'IKEA tutto si deve assemblare: le sedie per il salotto, la scrivania per i bambini, il comodino per la mamma, etc etc. Se vai al bar interno e chiedi un panino mica te lo danno intero… no, te lo vendono a pezzi e ti forniscono una brugola così te lo monti da solo. Ho visto persone portarsi il macinino da caffè perchè si erano rotte il cazzo di pestare i chicchi a mano.

    Tutto questo è l'IKEA… ma non solo.

    Il non plus ultra della mondanità è accaparrarsi una delle tante buste di tela gialla fornite all'ingresso. Nessuno ancora ha capito a cosa servano ma la moda impone di girare per il centro con questo oggetto, corredati anche dall'immancabile mozzicone di matita svedese e dal blocchetto di carta svedese. È come una divisa e non averla significa essere emarginati… la società moderna non ammette errori.
    In teoria la borsa servirebbe per riporre i piccoli oggetti da presentare alla cassa; la matita ed il blocchetto per segnare i codici dei mobili da ritirare al magazzino. In pratica invece, ed in perfetto stile italiano, la busta si cerca sistematicamente di fotterla mentre la matita ed i fogli vengono utilizzati per degli appunti importanti:

  • W LA FIGA
  • scemo chi legge
  • ricordarsi pane e uova per la mamma
  • sara ti amo
  • Berlusca boia
  • e così via…

    I veri problemi sono sorti quando, con l'entrata dell'euro, il costo generale della vita è aumentato… ma i prezzi dell'IKEA no. Allora la solita mamma, oltre a scegliere il tavolino per il soggiorno e le mensole per la cucina, ha comprato anche 2 divani, 4 poltrone, 3 cessi completi, 1 letto a baldacchino, 6 sgabelli girevoli, 3 librerie e 1 armadio componibile utile per tutte le stagioni. Il risparmio è assicurato e il marito sarà felice…

    Felice?!? Ci sono intere famiglie distrutte dall'IKEA!! Ci sono sposini freschi di matrimonio separati dopo neanche un mese!

  • Dover assemblare quintali e quintali di legno è movente per la separazione
  • Vedere il marito, affermato manager, che non riesce a montare una scarpiera in formica è movente per la separazione
  • Trombare sopra un letto – montato da voi – che si rompe alla prima pecorina è movente per la separazione
  • Far sedere gli ospiti su una sedia che cigola quanto il portone di un cimitero è movente per la separazione
  • A nulla vale sapere che ci sono le istruzioni in ogni kit di montaggio. Gli svedesi sono di natura molto precisi… gli italiani la prima cosa che buttano sono le spiegazioni… ghe pensi mì!

    E se avete avuto la brillante idea di seguire il manuale vi accorgerete presto che è inutile. Sia che stiate montando una mensola che una cucina componibile di 20 Mq, il libretto sarà sempre composto da 3 pagine:

    1°) pezzi presenti nel kit
    2°) ringraziamenti per aver scelto un mobile IKEA
    3°) numeri di telefono da chiamare in caso di difficoltà

    La filosofia della casa svedese è anche questo: risparmiare su tutto… pure sulla carta.

    Per fortuna l'italiano medio sa arrangiarsi e mai si umilierebbe a dover chiamare un centralino per farsi spiegare come montare un mobile… pena l'essere preso per il culo da moglie, figli, suocera e vicini compresi. Ma qualcosa bisogna inventarsi e allora può accadere che, da quella che doveva essere una credenza, venga fuori una stupenda cuccia per il cane oppure che, da un soggiorno completo, esca fuori un bellissimo vassoio in legno.
    L'importante non è il prodotto finale… l'importante è averlo fatto da sè.

    Perchè mi è venuto in mente di scrivere qualcosa a proposito dell'IKEA? Semplice… come tutti voi – almeno una volta nella vita – ci sono passato anch'io. L'ultima occasione ieri sera.
    Sono stato chiamato da Laura che, dopo avermi intortato per bene con espressioni carine e dolci, se n'è uscita con quella frase che nessun uomo virile vorrebbe mai sentire: "Sai, sono andata all'IKEA…"

    Sapevo di andare in contro al mio destino e non potevo tirarmi indietro. Ho deciso di aiutarla.
    Dalle 21.09 alle 23.16 ho lottato, sudato, duellato con un oggetto di legno non meglio identificato… e ne è venuta fuori una bella sdraio in finto pino norvegese.

    Con orgoglio posso dire di aver sconfitto i pessimi incastri, le furiose viti che non entravano, i perfidi buchi sparsi a cazzo. Ho vinto io caro signor Ingvar Kamprad!

    Saibal 1, IKEA 0

    Saibal "preferisco grattarmi le palle sul divano" Forti

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